Su queste rive

Su queste rive deserte, lontane da tutti
stiamo in equilibrio tra il soffiare del vento e le onde del mare
affondando i passi nella sabbia bagnata

Su queste rive deserte, mentre un giorno volge al termine
ci immergiamo nei colori del tramonto sempre più tenui
fino allo sprofondare nella notte

Su queste rive deserte, umide e fredde
appaiono le prime stelle nonostante la luna nuova e delle luci lontane
luci di case, che invitano a rientrare

alla fine di un sentiero

Tra il frastuono delle onde e il soffiare del vento.
Camminiamo lungo un sentiero deserto,
frastornati dai suoni e dai profumi della macchia,
plasmata dal vento che batte senza ostacoli
in questa terra dalle alte pareti

Tra il frastuono delle onde e il soffiare del vento.
Scorgo alla fine del sentiero un pugno di case,
immerse nel verde e nella luce di un giorno che muore,
colorando le bianche pareti di colori pastello,
per pochi istanti tra l’azzurro e l’arancio

Tra il frastuono delle onde e il soffiare del vento.
Rivivo ricordi di un qualcosa già visto.
Un quadro nella casa dei miei nonni,
con pugno di case e una luce simile alla fine del sentiero
nel quale ogni volta sognavo di entrare.

Tutte le tonalità del Blu

Su una banchina semi deserta attendo un vento propizio, seduto sull’orlo di un’immensa distesa che abbraccia tutte le tonalità del blu. La osservo nel suo placido moto, perso nelle sue sfumature che cambiano costantemente. Le offro i miei pensieri logori in cambio di nuovi spunti da cui ripartire.

E come la sabbia di una clessidra è il calare del sole a scandire il passare del mio tempo, che scorre rapido, come il ricambio dei pensieri. Rapido come i flutti originati da un piccolo battello e che ora si infrangono sulle sponde di questa banchina.

Mentre il tempo continua a scorrere resto aggrappato a queste strutture effimere, che strappano spazi di mare, delimitano brevissime porzioni su cui specchiarci in continuazione e che infondono nell’animo quell’assurda voglia di attraversarlo.

Intrappolati in uno scatto

Sono solo vecchi tramonti, intrappolati in uno scatto.
Il ritorno a casa di uno studente con una macchina fotografica, incantato dai colori e dal silenzio che attraversava.
La stanchezza di una giornata alimentata da sogni e ambizioni, ancora vive e mai assopite.
E nonostante il passare del tempo basta ritrovare questi scatti per capire come ancora ci siano tante salite da superare. Traendo da questi ricordi nuova linfa per continuare ad avanzare.
Volgendo lo sguardo a ciò che mi circonda, cercando nei nuovi tramonti, come in quelli passati, la stessa forza e lo stesso entusiasmo.

Lollove

Case spoglie fatte di pietra, fatte alla sarda. Alcune conservano ancora gli intonaci colorati di un rosa antico, di cobalto e magenta. Solo poche travi accennano a un tetto di vecchi legni con tegole rosse che ancora si conservano, sulle creste dei muri.
In una di queste case se ne trovano alcune, riposte in una nicchia intonacata di bianco con uno scaffale in legno, simulacro di quello che un tempo era un luogo abitato. E guardo il cielo incorniciato in quelle pareti, tra quelle poche travi di legno, dove nuvole bianche scandiscono un cielo azzurro che dona sollievo in quell’insolita ora d’aria; inattesa e profonda. Immagino, vivo nella mia testa, la vita semplice di quei luoghi in un tempo lontano e invariato come il panorama che si può osservare fuori da questi spogli balconi. Dimora di poche anime, silenziose e percepibili come fantasmi, che sussurrano un qualcosa di incomprensibile nei pensieri di chi visita queste stanze, queste strade, questo silenzio.
Un silenzio che accompagna in ogni via, gioca con i miei passi e le mie pause. Un silenzio che prende forma e aspetto in quella di tre gatti, uno giocoso e sempre presente, altri due più schivi, fedeli guide dall’aspetto rassicurante.
Attraverso con loro il letto di un fiume tombato dove ancora scorrono il tempo e le storie, rapide come l’acqua che in passato divideva questo pugno di case in due parti, aldiquà e aldilà. Marcate da pietre che senza mutare aspetto più vite hanno vissuto.               

Lollove, destinata a vita eterna, ma nella memoria di chi ti incontra nel suo cammino, di disincanto in incanto come l’acqua del mare.

Helicon I

tramonto

Arrivammo tardi in quella spoglia collina.
Di quella fatica restava solo il nostro fiato corto,
la vista persa verso degli alberi in distanza
e tu con un atlante di luoghi remoti che cercavi confronti quasi per gioco.

Arrivammo alla sera durante un tramonto.
In ritardo come spesso capitava,
ma abbastanza in tempo per veder bruciare l’orizzonte oltre gli alberi
e noi con loro unici testimoni della fine di un giorno.

Arrivammo quasi per caso
e al nostro fiato si sostituì un alito di vento proveniente dal mare,
lieve alle nostre spalle ma forte sopra le nostre teste,
capace di sfumare e disperdere le ultime nuvole rimaste.

Spazi vuoti

Strade come torrenti in piena cacciano fuori ciò che in giornata hanno lasciato che si contorcesse al loro interno.
Vomitano dal ventre di questa città auto, persone e forse qualche soddisfazione tra un mare di stanchezza e pensieri.
Mi muovo osservando la luce di questo giorno affievolirsi lentamente e quando la vista si appanna vedo tutto questo come un flusso indistinto di luci gialle e rosse.
Passo una mano sugli occhi e riprendo a vedere meglio, ma con la necessità di allontanarmi da quel frastuono che infastidisce gli occhi e la mente.
E basta solo voltarsi per ritrovarsi in uno spazio vuoto, in un luogo abbandonato.
Spazi a volte puliti, dopo una giornata di lavoro; altri che lentamente vengono erosi dall’incuria e dalla vegetazione smaniosa di rifarli suoi.
Vederli così privi di movimento cattura l’attenzione e per un attimo svanisce il frastuono che alle mie spalle continua.
Sento la necessità di imprimerli in un frame, conservarli assieme a quella sensazione di pace e silenzio.
Di quella sera passata tra torrenti di auto ora resta il silenzio di questi scatti.

In un caotico e snervante lunedì per gli altri, riprendo fiato mentre questi faticano.

(Sassari, Marzo 2019)

senza titolo

Andata e ritorno, la mia ora d’aria.

Due asiatici attraversano di corsa la piazza
Cinquantenni che lavorano, si prendono cura di se
seduta ad un tavolino c’è una donna, sguardo spento, un bicchiere di birra.
Mezzo pieno, mezzo vuoto, punti di vista.

Li lascio alle spalle, li ho osservati tra la folla
Il resto è gente che va, ragazze con la esse moscia
una giura che ieri notte non fosse sconvolta, era lucida
Forse è vero, forse no, punti di vista.

Una ragazza sta dietro al bancone di un bar
Asciuga un bicchiere, sbuffa vistosamente
la vedo di sfuggita tra i passanti e un vetro pulito
Sarà stanca, forse si annoia, punti di vista.

Finis terrae

Resto seduto, al riparo dalle forti correnti, mentre davanti agli occhi assisto all’imponenza di un mare che mai lascia indifferenti.

Mi perdo in quel suono, in quelle immagini che cambiano ritmo e intensità, che suscitano ammirazione e timore.

Di fronte agli occhi i confini di questa terra acquistano una forza maggiore ma allo stesso tempo danno un senso di sicurezza per chi si trova sulla terra ferma, come me.

E ci sentiamo piccoli e insignificanti davanti alla maestosità del grembo che ci accoglie.

(Falesie di Capo Caccia, Febbraio 2019)

 

 

 

Rocce sospese

Dall’altra parte della terra, circondati dall’acqua

Sospesi tra il cielo e il mare osservando la linea dell’orizzonte

In cerca di una crepa in quella linea perfetta per un attimo abbiamo fermato il tempo

 

(Borgo minerario dell’Argentiera, Ottobre 2018)

Sotto una grande coperta

Esiste qualcosa che l’uomo ancora non può cambiare ne eguagliare. Qualcosa che c’è da sempre e sempre esisterà, capace di coprire ogni cosa, allo stesso modo, da sempre. Qualcosa che nel  tempo ha fatto e farà trattenere il fiato a tanti uomini, facendoli sentire piccoli, insignificanti e allo stesso tempo parte di un universo infinito.

(Borgo minerario dell’Argentiera, Settembre 2018)

Off season

Il passare del tempo, lo scorrere delle stagioni, i progetti riusciti, le speculazioni fallite.

La vita di certi luoghi è un continuo autunno, giunto a seguito di un’intensa estate e anticamera di un inverno che, stranamente, appare lontano, lontanissimo.

E si vive come in un limbo, immersi in ricordi sparsi di qua e di la, in un costante e allo stesso tempo precario equilibrio.

(Borgo minerario dell’Argentiera, Estate 2018)

Cose che cambiano, cose che restano

Ritorno al cospetto di un luogo del passato.

Luogo un tempo lontanissimo, raggiungibile con una bici sgangherata, oggi si palesa quasi per caso in un fuori programma di un torrido Luglio.

Qualcosa all’orizzonte non è mai cambiato, qualcos’altro appare e stona con ciò che ho sempre conosciuto.

 

 

On the docks

Sulle banchine c’è ancora chi costruisce barche come una volta. Ci sono due ragazzi che aspettano che la nave passi davanti all’imboccatura del porto mentre più lontano si intravede un uomo con la sua canna da pesca. Sullo sfondo una città ferita dal miraggio del progresso, che all’orizzonte mostra le sue ferite. Io assisto come quei ragazzi al passaggio della nave, forse un po meno spensierato di loro, ma la guardo comunque diventare un puntino all’orizzonte

Lo stesso mare

Come una finestra che si apre su un grande spazio aperto,

lascio che lo sguardo possa perdersi oltre tra le increspature del mare.

Custode di speranze, privo di confini, amico di chi lo sa conoscere.

Gli affido i pensieri, dal più leggero al più gravoso, sicuro della sua discrezione.

E non importa da quale riva li faccia partire, troveranno comunque la loro strada.

I’m wasted

Lontano dalle vacanze, dalle spiagge affollate, dalle cartoline tutte uguali.

Affondo il passo su cumuli di plastica di ogni colore e di ogni forma. Alcuni di questi oggetti giungono da lontano mentre altri sono stati lasciati da qualche incauto avventore.

Sono dove il maestrale e le mareggiate presentano il conto, specchio delle nostre colpe, santuario dell’incuria, luogo prezioso anche se lontano dagli occhi.

Another place

Attraverso spazi a quest’ora poco frequentati, con passo stanco, con la testa che esplode di assordante silenzio.

Cerco il conforto del mare e lo vado a trovare a pochi passi da una fermata del bus.

Attorno a me silenzio, fantasmi di un passato che faticano a riemergere, lavori in perenne corso e ricorso, visti da tanti, troppi tramonti.

 

portami a respirare

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Portami a respirare lontano da queste stanze

dove possa perdere lo sguardo oltre il mare,

senza confini, senza terra all’orizzonte,

solo ai margini per non sentire le vertigini.

Portami lontano dal nostro tempo,

fai che sia il caso e l’odore del mare a indicarci la strada,

fai che sia il vento, come da sempre fino ad ora,

fai che sia forte come il mare..

 

Dove soffia il vento

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Ritrovo le abitudini in un luogo sempre diverso.
Trasformato, consumato, solcato dal maestrale,
eppure familiare

Ritorno in questi luoghi con la stessa sensazione.
Quella di poter esser spazzato via,
da un momento all’altro, senza preavviso

Sensazione percettibile oggi come ieri.
Consapevole che domani sarà come sempre,
intensa e confortevole, come un abbraccio

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Giunse come il primo freddo, inatteso come ogni anno.
Mi trovò impreparato, sbalzandomi dalle lunghe giornate d’estate alle tante, troppe, ore di buio.

Mi trovò per strada, dopo una lunga giornata passata a caccia di un corriere espresso, perso per un soffio durante una breve sosta a casa.

Giunse mentre persi la speranza di trovarlo, solo dopo aver trovato conforto in un cielo incendiato dagli ultimi bagliori di luce.

E ora mi trovo seduto davanti a parole inattese, portate dal vento e intrappolate su pezzi di carta, giunte al capolinea di una stazione deserta.

Every Country’s Sun

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Pochi minuti per sentirsi lontani da tutto.
In avamposti dimenticati da anni o forse da ieri,
o tra le macerie che deturpano il panorama fuori da casa.
Ed è bellissimo sentirsi così soli,
in luoghi che per poche ore sono tuoi e di nessun altro.
Dove il respiro diventa parte del vento.
Dove i pensieri possono prendere il volo.
Dove sentirsi il primo e l’ultimo uomo al mondo.

al riparo dal vento

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Eppure sento il mare anche dentro questa stanza

Le sue onde frangersi sulla riva, ritirarsi

tornare come braccia bramose di terra

e scandire i pensieri tra queste mura prive di tempo

per sentirmi meno lontano dalla mia casa

al riparo dal vento

 

Eppure sento il mare anche dentro questa stanza

Mi racconta le sue storie, figlie di mille voci

parlano di paure, sogni, ambizioni

risvegliando ricordi lontani che ora sento vicini

per sentirmi meno lontano da casa

al riparo dal vento

sul letto asciutto di un torrente

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mi muovo con passo lento in queste strade deserte
osservato da lontano e con sospetto
pedinato da una guardia annoiata

mi muovo per luoghi già visti
con un passato fatto di promesse
tramutatosi in un presente di merda anticamera di giorni bui

attraverso un cimitero di promesse
e tiro giù amare conclusioni sul futuro che si prospetta
mentre con un fazzoletto provo a filtrare l’aria che respiro

nel letto asciutto di un torrente si scorge una città
sventrata e priva di forze in attesa di una pioggia
che lavi tutto e anneghi le sue sofferenze

una vela rossa

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una vela rossa, lontana, nel mare
così leggera che se il vento volesse la spazzerebbe via
non resterebbe nulla, eppure avanza

una vela rossa, da sola, nel mare
immersa in una distesa che cambia colore e non conosce fine
nient’altro che un colore, diverso, visto da lontano

una vela rossa, si muove lenta, nel mare
traccia nuove linee in silenzio, spinta dal vento
così leggera che se il mare volesse la inghiottirebbe
eppure, testardamente, continua ad avanzare

un punto morto

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Raccolgo i brandelli di viaggi mai fatti
estirpati dall’anima durante il sonno
gettati in pasto al forte maestrale

Raccolgo i brandelli di sogni dimenticati
in questa città di mare priva di mete
luogo da cui fuggire e non far più ritorno

Raccolgo quei pochi brandelli rimasti
sparsi in una banchina abbandonata
e vivo sospeso tra istanti interminabili..
tra il tempo che scorre e nessuna nave che parte

nella testa di un gatto..

nella tua testa il vuoto o poco meno
vivi lontana dal tempo che fugge
per perderti in un continuo presente
fatto di poche semplici cose
come il tuo mondo di quattro stanze

nel tuo silenzio le solite richieste
semplici, invariate, raramente ascoltate
da chi il tuo mondo lo incrocia per pochi istanti
con la testa confusa da mille cose che premono
e si accalcano fuori dalle tue quattro stanze

Si allontanano

Si allontanano passo dopo passo i rumori della festa.

Attraverso il limite tra questa e il silenzio,
lasciando alle spalle le solite facce distorte,
intrappolate in una perenne smorfia,
sfregiate da un riso che le deturpa.

Mi allontano con passo svelto,
alla ricerca di giovani fronde figlie del rimorso
e in evidente debito di ossigeno vado ancora più forte,
soccorso da una leggera e inattesa brezza capitata lì per caso.

Mi accompagna in una collina popolata di ombre,
dove pochi alberi tendono al cielo i loro rami
che privi di linfa attendono..

..le prime piogge,

il primo freddo,

le prime foglie.

strade deserte

Volano via i brandelli di questa primavera passata,
lei che in dono mi ha lasciato il tempo da sprecare
e l’improvviso svuotarsi delle strade
tanto vuote che si può giocare anche a calcio.

E con l’estate giungono le piogge torrenziali,
che pendono per ore sulle nostre teste
per precipitare poi in pochi attimi,
regalando il sollievo e il piacere nel vederle cadere.

Cadono inesorabili come i minuti di silenzio tra un passante e l’altro
e destando stupore come quello che si legge nei volti di un passante
che pensava di essere rimasto solo,
ultimo superstite in una foresta di cemento.

Mantengo nella memoria le immagini di queste ore di quiete
sovrapponendole senza molti patemi ad altri momenti a caso,
seminando parti di un passato forse non troppo lontano,
su questa strada che non conosco, in un momento non precisabile..

Requiem for a fridge

Giaci ai bordi di una strada ora che non piove,
aspettando un passaggio che non hai chiesto.
Ed è strano vederti dopo anni lontano dal solito posto,
circondato da rumori nuovi e a te estranei,
immobile come sempre ma senza quel tuo continuo mugugnare.
Non contava cosa portavi al tuo interno, a volte bastava guardarti.
Guardare al tuo interno per chiudere un pensiero,
come se le tue porte aprissero la mente chiudendo lo stomaco
o forse il contrario, poco conta..
Le tue porte hanno visto passare tanto, mai troppo.
Rinfrescando le idee anche nei momenti più torridi
perchè non conoscevi stagione oltre la tua.
Riapro un’altra volta le tue porte, ai bordi di una strada.
Al tuo interno solo un vecchio decoder del digitale terrestre.
Anche stavolta le tue porte mi hanno aperto la mente
e chiudendo quelle porte ho chiuso un pensiero.

per mezz’ora

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Su queste strade perdo i ricordi tra sogni e passato,
ormai fusi in un’unica memoria che va e che viene.
Un passo dopo l’altro mi allontano da quei giorni
avvicinandomi ai ricordi, tracce di un tempo lontano.
Respiro la libertà di giorni senza pensieri,
che ancora conservano lo stesso profumo.
E sento che il domani è un invito
a infiniti presenti che sanno di passato.
Il tempo si ferma e sono un bambino,
ancora per mezz’ora
prima di rientrare a casa..

10.00 p.m.

le nuvole corrono veloci
lontano dalla notte e dai suoi spettri
senza lasciare traccia non resta che seguirle
affannarsi inutilmente mentre il buio incalza

corrono i pensieri su ali veloci
sballottati da un maestrale che non trova ostacoli
che sradica ogni cosa e non fa distinzioni
dai veleni alle cure, dal frastuono al silenzio

resta solo il vento stanotte
con esso le ombre immobili delle case
dedalo di vite, di scorci, di luci e ombre
come bende poste tra gli occhi e il cielo

 

Il fango

Il fango ricorre come pensiero di volta in volta più forte.
E’ capace di acutire una caduta, ma è anche il posto peggiore dove cadere, perché lascia su di te i segni della caduta, lo sporco, visto come insuccesso.
Ma ci sono anche altre accezioni al termine. Il fango infatti può rendere una partita di rugby uno spettacolo unico. rende l’idea della battaglia, la amplifica e l’adrenalina sale, proprio come un pugno in pieno viso, forte da far male ma non abbastanza da farti cadere, capace di provocare una reazione violenta. Il fango può anche essere ciò che persone di bassa statura (sempre morale) sono capaci di gettare su altri. Solitamente sono dei perfetti vigliacchi, nascosti dietro altre persone, che sproloquiano di valori come un politicante di bassa lega, coprendosi di tante belle parole, spesso elogiano il sacrificio senza conoscerne minimamente il suo peso e sbandierandolo ai quattro venti. Il fango è un qualcosa che resta anche una volta lavato via.

Sono giornate, mesi, anni di dure lotte, è una ferita da portare dentro.
E’ un qualcosa che appartiene solo a chi l’ha provato, un monito a rigare dritto, uno specchio, un qualcosa da cui risorgere.

per il verso giusto..

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Ho visto il cielo colorarsi di tonalità sempre diverse
senza lasciare che gli occhi si abituassero a questo,
riempiendo l’anima di stupore,
lasciandola assuefatta alla loro intensità

Ho visto il cielo tingersi di infinite sfumature
capaci di traghettare fino all’oscurità
per lasciarci improvvisamente al buio, smarriti
bruscamente destati da un bellissimo sogno

In questo cielo ho visto rinascere speranze,
la fine e l’inizio di viaggi indimenticabili,
le lacrime di gioia e quelle di dolore,
i sorrisi di chi da un senso alle giornate più scure,
il calore di un abbraccio e la promessa di un arrivederci,
la certezza che fin quando ci sarà questo cielo
tutto andrà per il verso giusto..

Il mare di Aprile

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Guardano al mare come a un qualcosa di ignoto,
da sempre sotto ai loro occhi, da sempre inspiegabile
e in loro non passerà mai lo stupore della prima volta

Il mare toglierà ogni pensiero

Si sta davanti a lui come naufraghi sventurati,
attratti da un canto di sirene tanto suadente quando irresistibile
e come statue di sale ci si consuma impotenti

Il mare ci porterà lontano

Cullati dalle onde, spinti lontano dal vento,
grano per grano, più sottili della cenere,
in cambio di un silenzio interiore

Il mare ci riporterà a casa..

Brucia la terra

Brucia la terra sotto nuovi vessilli

Bruciano gli occhi che per troppo tempo hanno osservato il sole
e persi nella sua luce cadono inermi

Brucia la carne sotto colpi che piovono dal cielo
e non bastano le lacrime di chi cede per risarcire la fine
di uomini persi che guardano altrove

Bruciano le case, le cose e le anime che non lasciano tracce
sotto sguardi impassibili davanti a uno specchio
che calpestano tutto con passo pesante ma col vuoto dentro

 

pensieri disordinati

ci sono giorni in cui mi senti privo di idee e penso non esista sensazione peggiore. E’ una cosa che fa restare di sasso perché, almeno nel mio personalissimo caso, le idee hanno sempre fatto a pugni tra loro per avere l’una la meglio su l’altra.
Così la loro assenza lascia un grande vuoto a cui non si può fare abitudine e al quale bisogna porre rimedio al più presto.
Le ragioni di questa sensazione sono infinite; le si potrebbe trovare nella scarsa fiducia nei propri mezzi o anche in fattori esterni, per lo più ostili, ma anche nella stanchezza accumulata nel chiedere troppo in troppe cose.
Forse il flusso di troppe idee, misto a troppi progetti e alla voglia di non lasciarne indietro nemmeno uno, hanno portato a questo blackout? Probabile..
Ma nonostante questo è lontana la possibilità che lasci indietro qualcosa a discapito di un’altra, a prescindere dalla priorità. Porterò avanti il peso di ogni scelta e di ogni passione e credo che questa sia la cosa migliore in un periodo in cui mi serve tutto, assieme a un po di ferrea organizzazione, dal massimo della concentrazione al più stupido degli svaghi. Ma ora trovare ordine non è facile, c’è solo tanta confusione e speriamo che qualche ora di sonno metta ordine in questi pensieri disordinati.. buonanotte.

Inle

La pioggia porta ricordi di viaggi passati,
di lunghe camminate lontano da casa
e porta il profumo di mare anche quando questo è lontano,
facendomi sentire vicino a ciò da cui mi allontano

è ciò che ti inchioda dietro a un vetro,
il velo che nasconde i difetti dei palazzi
e dona senso al più squallido paesaggio

è la mano che lava ogni ferita e porta sollievo,
che sia sotto di essa o dietro a un vetro
lasciandoci solo la possibilità di assistere,
come superstiti di un viaggio senza destinazione

..come un’orchestra stonata

Vento che porti tempeste e spazzi via tutto,
in questa notte d’inverno non basta il tuo canto
e i cori delle lamiere che vibrano in lontananza
ma trascini con te tutto ciò che fa rumore,
come un’orchestra stonata che corre dietro il tuo canto,
portando con te pezzi di questo lembo di terra

Vento che spazzi via nubi e nascondi il sole,
che desti dal sonno bussando alle finestre,
porti con te tutto ciò che non ti resiste
e pulendo le strade deserte di questi avamposti abbandonati
strapperai un pezzo dei sogni dai quali hai destato,
lasciado il tuo canto come finale inatteso

01:56 am

..osservai quel cielo per ore senza rendermene conto,

incantato dal suo rapido e continuo mutare

e dal suo lento spegnersi di minuto in minuto,

fino a quando il buio si prese tutto.

Di quella luce restano solo ricordi,

scalfiti da un freddo umido

tanto pungente da spodestare il calore,

lasciando il ricordo

unico superstite di un’insolita estate..

una città che dorme

La città dorme da ore, distesa sotto un velo di nebbia non abbastanza fitta da coprire queste case.
La percorro in silenzio, senza far nulla che la possa svegliare. La osservo come fosse la prima volta, analizzandola passo dopo passo. Sulla mia strada non incrocio nessuno, guardo agli angoli quasi alla ricerca di un passante, una conferma, puntualmente smentita, che quelle strade conoscono altre ombre al di fuori della mia. Alla fine abbandono l’inutile ricerca; unico segno di qualcuno, o qualcosa, che ancora non dorme è una sorta di urlo distante portato dal vento. Cammino da venti minuti, il tempo è ormai scandito dal mio respiro e mentre vola rapidamente pare fermarsi. Sento che porterò oltre la soglia di casa quel silenzio. Sarà ciò che ascolterò prima di dormire, come se fosse una vecchia storia, da troppo tempo inascoltata, che per una notte ancora potrà vantarsi di uno spettatore pronto a prestargli attenzione.

un’altro inverno

Improvvisamente cadiamo come foglie
in questo autunno che stenta a farsi largo,
strozzato da un’estate in ritardo
che cederà il passo a un brusco inverno

Cadiamo sui nostri errori di valutazione
ma più come sassi piuttosto che foglie,
portando con noi il peso dei ricordi scomodi
come fardelli che renderanno ardua la risalita

Ancora una volta il freddo coprirà tutto
anche stavolta come le altre ventinove,
per cedere un’altra volta a una nuova rinascita
in attesa di un nuovo inverno…

Prima di un lungo viaggio

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Abbiamo poco tempo e un mare da attraversare,
affidando le nostre vite a un solido scafo.
A caccia di correnti che portino lontano,
senza timore per ciò che troveremo oltre

Ma fermiamoci ancora per poco prima che i dubbi ci assalgano.
perché in questo autunno possiamo ancora farlo.
E che il vento continui a segnare i nostri volti,
a scavarli con le sue spietate sferzate

Ci ergeremo come vecchi alberi maestri, 
mai piegati e fieri dei segni di lunghe traversate,
consapevoli che le nostre storie sono scritte in quei segni,
che sanno di leggende provenienti da lontano

 

Sabbia

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Come in un sogno cammino in un interminabile distesa di sabbia
fino a perdere il conto dei passi
per ritrovare in un attimo la pace perduta

Affondano i piedi e la mente in quella sabbia scura
mentre i pensieri salpano su un mare ancora calmo
lasciando che il tempo sfugga come quei granelli di sabbia

Granelli impalpabili nella mente come bei momenti svincolati dal tempo
che fanno ormai parte di un non definito passato
sostanza e ninfa vitale per lo spirito scalfito

Resto a osservare il limite di un mare infinito
e sospeso in questo limbo tra la terra e il mare
assisto a nuove partenze e inattesi ritorni

folk death 95

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Avevi fretta di trovare risposte in un pomeriggio di Settembre.
Sfogliando talmente forte quell’agenda da strappargli le pagine.
Sorseggiando con un’insolita cautela il tuo primo thé caldo
che stonava con la frenesia del momento e con l’incessante picchiettare di quella malcapitata matita,
che su pagine gialle scriveva lunghe serie di numeri simili a coordinate per mondi lontani ancora inesplorati.
Contavi i giorni che restano; le centinaia di caffè che ti separano dall’inverno.

Νόστοι

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Tornò a bussare alla mia finestra
Scegliendo come sempre un pomeriggio di settembre
Avvisando solo pochi amici fidati
e chi aveva perso il suo sguardo oltre i palazzi

Tornò portando con se racconti di paesi lontani
Cancellando ogni suono col suo fitto cadere
e confermando il suo arrivo con voce tonante
lasciando in tutti lo stupore

Tornò per la gioa di chi tanto l’aveva attesa
Con la pazienza di chi è certo di un ritorno
e ora resta ad osservare dall’altra parte del vetro
ipnotizzato dal suo incessante cadere..

Aspettando Settembre

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Solo un battito di cuore tra me e tutto il resto
Tra le ambizioni e la realtà in cui vivo
Le incertezze e gli ostacoli
Il tempo che scorre e la volontà di batterlo
Fotogrammi rapidi che fanno scoppiare la testa
Frenesia e staticità in un battito di ciglio..

Questo è tutto ciò che ultimamente passa per la mia testa; bel casino vero?
Vedo da vicino l’ennesima boa da superare e lasciare alle spalle.
La vedo sempre più vicina e con essa cambio punto di vista, un punto di vista mutevole e imprevedibile, a volte più chiaro, altre volte contorto e indecifrabile.
Cambiano le prospettive di una battaglia da combattere e vincere; inutile chiedersi come affrontarla perché sarebbe una perdita di tempo, del quale ne ho già perso troppo..
Quindi non resta che metterci un po di buona volontà e iniziare a combattere.
Affrontare Settembre e vincerlo per continuare ad avanzare..

..si parte! In culo alla balena a me!

ps: so come rispondere a un “in bocca al lupo” ma a un “in culo alla balena” come si risponde?

Se avete una risposta a questa domanda datemela.. per favore, grazie 🙂

terra bruciata

Fulmini squarciano un cielo livido nel cuore della notte,
al di sotto di questo è solo terra bruciata,
la grande sconfitta in una guerra vinta da vigliacchi

Giace esanime dopo giorni di sfiancante combattimento,
attraversata dalle ombre di chi un tempo la popolava,
privata del suo vestito migliore lacerato dalle fiamme

Fulmini squarciano un cielo livido nel cuore della notte,
si spremono nel disperato tentativo di alleviare il dolore
di una terra per l’ennesima volta arsa e tradita